
IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA: FORSE SI TRATTA DI PROSTATA INGROSSATA
Quando si parla di prostata ingrossata, ci si riferisce maggiormente all’Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB), cioè un ingrossamento benigno della ghiandola prostatica che si realizza in più del 50% degli uomini sopra i 50 anni. Ovviamente, non tutti i casi presentano delle situazioni in cui sia necessario intervenire con terapie mediche o chirurgiche. Si tratta di una modificazione che avviene con l’invecchiamento ed è molto diffusa.
Cosa fare in caso di ipertrofia prostatica? Ce ne parla il Dott. Barrese, urologo della Clinica Fabia Mater.
Le cause
“L’Ipertrofia è dovuta soprattutto al rapporto tra la prostata e il canale uretrale, cioè il passaggio che dalla vescica porta l’urina all’esterno – spiega il dott. Barrese -.
Le cause sono molteplici ma tra tutte, la più importante è sicuramente l’età. L’invecchiamento, infatti, si può considerare una causa nella misura in cui si verifica un cambiamento dell’ambiente ormonale del maschio, per cui la situazione di produzione e di regolazione del testosterone e degli estrogeni (ormoni) subisce un cambiamento che favorisce l’aumento di volume della ghiandola”.
I sintomi
“Soltanto in una piccola percentuale di uomini, l’ipertrofia prostatica provoca una vera e propria malattia. Questo vuol dire che in molti pazienti la prostata ingrossata può non alterare la salute del soggetto e può passare senza lasciar segno, rimanendo del tutto asintomatica.
Quando, però, vi è una situazione di malattia, il danno provocato non è necessariamente proporzionale alla grandezza della prostata: tante volte, una prostata piccola può causare molti problemi e una prostata grossa può non avere sintomi”, aggiunge l’urologo.
Questi segnali si manifestano nella fase iniziale, mentre in quella successiva, subentrano i sintomi ostruttivi, in cui il getto si fa più debole, la frequenza delle minzioni si fa maggiore perché la vescica non riesce mai a vuotarsi completamente e nelle ore notturne si cominciano ad avere 2 o più alzate per vuotare la vescica.
Le manifestazioni della malattia sono generalmente graduali e cominciano da una maggiore espressione di sintomi ostruttivi, che sono rappresentati dall’urgenza minzionale, cioè il bisogno frequente di urinare.
Questa seconda fase si verifica quando la prostata, ingrossandosi, va a comprimere l’uretra che vi passa in mezzo, causando una vera e propria ostruzione urinaria. Quando la vescica fa fatica a svuotarsi e anche i reni non riescono a inviarle urina, può svilupparsi un dolore intenso alla vescica e ai fianchi che porta a intervenire rapidamente in Pronto Soccorso con il posizionamento di un catetere per lo svuotamento vescicale. Quasi sempre, da questa condizione, si passa all’intervento chirurgico.
Talvolta, si possono verificare anche perdite di sangue (ematuria) oppure infezioni alle vie urinarie.
“Fortunatamente, da qualche anno, molti più uomini dopo i 50 anni richiedono un controllo per verificare lo stato delle vie urinarie – continua il medico – Perciò, l’esecuzione di screening annuali consente la diagnosi precoce di eventuali problemi di reni, vescica e prostata una loro più facile soluzione”.
Come si fa la diagnosi
“La diagnosi può essere casuale oppure eseguita in seguito a una visita a cui il paziente si è sottoposto autonomamente per via dei sintomi di cui abbiamo parlato – spiega l’esperto -. Gli esami fondamentali per un primo approccio alla diagnosi sono:
- gli esami del sangue tra cui l’esame del PSA, particolarmente utile anche per la diagnosi precoce del tumore della prostata;
- l’ecografia che include una panoramica contemporanea di reni, vescica e prostata, con calcolo del residuo minzionale;
- l’uroflussometria utile per misurare la forza dell’uscita urinaria.
Se c’è un problema di blocco urinario e coinvolgimento dei reni, si può ricorrere a esami più impegnativi come la TAC addominale con mezzo di contrasto o la Scintigrafia renale sequenziale”.
L’Intervento chirurgico: quando operare
Nonostante la terapia farmacologia abbia contribuito a ridurre il ricorso alla chirurgia, ci sono ancora casi per cui l’intervento chirurgico rappresenta l’unica soluzione di cura.
L’indicazione chirurgica si pone quando la terapia medica risulta inefficace o quando insorgono le complicanze dell’ipertrofia prostatica benigna.
In alcuni centri come i nostri è possibile eseguire lo stesso intervento per via endoscopica effettuando una enucleazione del volume prostatico con il laser a Olmio e successiva morcellazione del tessuto.
Questo intervento garantisce una ripresa più veloce e una minore degenza ospedaliera.
“La terapia chirurgica – spiega il dottore – prevede la rimozione dell’adenoma prostatico e consente di ottenere uno svuotamento rapido e completo della vescica”.
Esistono diversi tipi di interventi: “L’adenomectomia chirurgica – chiarisce lo specialista – è un intervento tradizionale, praticato da oltre 50 anni. In esso l’adenoma viene rimosso mediante il tradizionale taglio chirurgico ed è tuttora impiegato in caso di prostate veramente voluminose”.
Alcuni interventi con il laser prevedono solo la vaporizzazione del tessuto prostatico, questo non permette un esame istologico, importante quando si effettua una riduzione dell’adenoma.
Tra gli interventi per ipertrofia prostatica: “La resezione transuretrale dell’adenoma prostatico (TURP) è tutt’ora considerato l’intervento gold standard.
L’intervento di resezione endoscopica dell’adenoma prostatico (TURP) e l’enucleazione dell’adenoma con laser a Olmio (HOLEP) rappresentano la scelta ottimale per garantire al paziente una qualità di vita soddisfacente dopo l’intervento.
Indicazioni assolute all’intervento sono ematuria ricorrente, calcolosi vescicale, diverticoli vescicali o residuo post minzionale >200 ml.