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Endometriosi: che cos’è e come si cura

L’endometriosi è una patologia ginecologica che può condizionare negativamente la qualità della vita di una donna.

La Dott.ssa Iacovelli, specialista in ginecologia e oncologia della Clinica Fabia Mater, ci spiega cosa c’è da sapere su questa patologia.

“L’endometriosi – spiega il medico – è una malattia cronica e invalidante, caratterizzata dalla presenza di endometrio, tessuto che normalmente riveste la cavità uterina, al di fuori dell’utero. Il tessuto endometriosico è estrogeno-dipendente, per cui ciclicamente mima le mestruazioni: prolifera e sanguina, provocando dolori pelvici cronici. La malattia, infatti, regredisce con la menopausa”.

Endometriosi: cause e sintomi

Come e dove colpisce l’endometriosi? Risponde la specialista: “In Italia, affligge il 10-15% delle donne in età riproduttiva: in totale si stimano almeno tre milioni di donne con casi di endometriosi. Il picco è situato tra i 25 e i 35 anni, ma può interessare anche fasce d’età inferiori”.

“La causa più accreditata è quella della mestruazione retrograda, ovvero una condizione in cui il sangue mestruale defluisce attraverso le tube e va a colonizzare il peritoneo e le zone circostanti l’utero e l’ovaio. La mestruazione retrograda però non basta a spiegare tutti i casi di endometriosi, entrano in gioco anche fattori immunitari, infiammatori e di predisposizione genetica”, speiga il medico.

Le zone colpite possono essere diverse: “L’endometriosi, di solito, si localizza nella cavità pelvica, più frequentemente sulle ovaie e sul peritoneo. Spesso le lesioni endometriosiche coesistono a carico di altri organi”.

Endometriosi e alimentazione: cosa mangiare

I sintomi dell’endometriosi, come il dolore e l’infiammazione, possono essere ridotti mantenendo un’alimentazione ricca di cibi anti infiammatori e disintossicanti. Per questo motivo la Fondazione Italiana Endometriosi ha stilato alcune linee guida in merito alla dieta a cui dovrebbero attenersi le pazienti affette da questa patologia.

È dunque fondamentale, in caso di endometriosi, aumentare l’apporto di alimenti ricchi di fibre: cereali integrali, legumi, verdura, frutta fresca (in particolare mele, pere e prugne). Le fibre, infatti, aiutano le funzioni digestive e intestinali e contribuiscono ad abbassare il livello ematico degli estrogeni, aiutando, quindi, a tenere a riposo gli organi e i tessuti estrogeno-dipendenti, tra i quali figura appunto l’endometrio.

Sono poi importanti i cibi ricchi di acidi grassi Omega 3, presenti in particolar modo nel pescato, dal pesce azzurro, al salmone, al tonno fresco, nonché in olio d’oliva, frutta secca e semi, come quelli di girasole, zucca o lino. Gli Omega 3, infatti, contribuiscono ad aumentare la produzione di prostaglandina PGE1, molecola in grado di ridurre i processi infiammatori.

Come si diagnostica?

 La tendenza della donna a sottovalutare il dolore, considerandolo come qualcosa di normale, e la difficoltà a inquadrare i sintomi, fanno sì che l’endometriosi venga diagnosticata anni dopo la sua effettiva manifestazione.

Per questo è importante rivolgersi a uno specialista ginecologo, anche solo in presenza di mestruazioni/rapporti molto dolorose, soprattutto in caso di familiarità con la patologia.

“Una diagnosi tempestiva è cruciale: più precocemente si individua la malattia, più precocemente si riesce a trattarla o a contenerla. Se curata sin dalla giovane età, si evita nel tempo che provochi danni anche molto importanti, come la sterilità”, precisa la Dott.ssa.

Il primo fondamentale passo è un’anamnesi accurata. Il ginecologo, attraverso le parole della paziente, deve saper cogliere i segnali e procedere con esami specifici:

  • una visita ginecologica approfondita;
  • un’ecografia transvaginale, utile per individuare la presenza di tessuti in sedi anomale o cisti. “È bene sottolineare – specifica la Dott.ssa Iacovelli –  che, ad oggi, non esiste una cura definitiva; pertanto la terapia, personalizzata sulla singola paziente, ha lo scopo di:
  • bloccare la progressione della patologia;
  • attenuare la sintomatologia;
  • salvaguardare la fertilità”.

Come trattare l’endometriosi?

“In molti casi, si può anche non fare nulla, ma dipende ovviamente dalle situazioni”, spiega la dottoressa Iacovelli. “Se non ci sono sintomi, la donna non sta cercando figli e i controlli dicono che la situazione è stabile si può tranquillamente tenere una semplice condotta di attesa”.

“Se però le condizioni cambiano, le visite indicano una progressione della malattia, il dolore diventa importante oppure inizia una ricerca infruttuosa di gravidanza, allora è meglio intervenire”.

Come si interviene?

Per curare l’endometriosi si possono adottare diversi trattamenti in base allo stadio e alla sintomatologia della malattia, andando dal semplice controllo clinico, all’utilizzo di terapie farmacologiche, sino al trattamento chirurgico.

Se la patologia è ancora in fase iniziale e la paziente è asintomatica e/o presenta piccoli endometriomi a carico delle ovaie e/o impianti peritoneali non rilevanti, viene spesso privilegiata una condotta di controllo e attesa.

In caso, invece, di una sintomatologia manifesta, con dolore durante il ciclo mestruale, è possibile sottoporsi a una terapia farmacologica, utile anche a limitare il rischio di recidiva in pazienti che hanno già sostenuto la chirurgia. Si tratta di terapie che non risolvono la malattia, ma tengono sotto controllo i sintomi, garantendo un miglioramento della qualità della vita di chi ne è affetta. Abitualmente vengono utilizzati farmaci a base di progesterone o le associazioni estro progestiniche (pillola anticoncezionale). Questi farmaci possono essere utilizzati per un tempo molto lungo ed eliminano la sintomatologia dolorosa.

Endometriosi e chirurgia: quando serve?

Il ricorso alla chirurgia deve essere valutato sempre molto attentamente e le indicazioni oggi sono quelle di sottoporre a intervento chirurgico solo quei casi in cui non ci sono alternative.

La chirurgia infatti  (e a maggior ragione quando non eseguita in modo corretto) può portare a degli effetti collaterali che possono portare alla diminuzione del potenziale riproduttivo della donna per una riduzione della sua riserva ovarica. Infatti, durante l’asportazione del  tessuto endometriosico, spesso si danneggiano anche i tessuti sani, diminuendo per esempio, il numero degli ovociti presenti nell’ovaio operato o creando alterazioni nella vascolarizzazione d’organo con conseguente diminuzione della sua funzione. La tecnica chirurgica considerata il gold standard per l’endometriosi è la laparoscopia, che deve essere sempre però eseguita da chirurghi esperti, che abbiano a cuore la salute riproduttiva della donna e che utilizzino modalità chirurgiche corrette (per esempio l’asportazione di una cisti ovarica mediante l’identificazione del suo piano di clivaggio e il successivo stripping, ossia l’asportazione della sola capsula della cisti – nonché l’utilizzazione di tecniche di controllo dell’emostasi, ossia dei sanguinamenti, non troppo pesanti).


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