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Manometria ano rettale: indagine fondamentale per la diagnosi di stipsi

Cosa significa stipsi? Forse la conosciamo con un altro nome: stitichezza, il termine con cui ci si riferisce a una problematica intestinale estremamente comune, associata a fattori di rischio come una dieta poco equilibrata, povera di alimenti che favoriscono la buona motilità dell’intestino, o all’assunzione di alcuni farmaci. La stipsi può inoltre rappresentare anche il sintomo di svariate patologie, per questo motivo i pazienti che lamentano delle manifestazioni tipiche della stipsi devono consultare il medico, che indicherà gli esami più opportuni per indagarne le cause.

Per diagnosticare la stitichezza che compromette in maniera importante la quotidianità di chi ne soffre, in Fabia Mater è possibile ricorrere alla manometria rettale, esame altamente specialistico che viene utilizzato per valutare la funzionalità degli sfinteri anali e dei nervi del pavimento pelvico.

Approfondiamo l’argomento con il Prof. Nudo, primario del Reparto di Chirugia Generale e di Endoscopica Digestiva della Clinica Fabia Mater.

Stipsi: che cos’è?

Si definisce stipsi la condizione in cui l’individuo presenta meno di tre evacuazioni di feci alla settimana.

Questa definizione è però basata su studi epidemiologici e ha una valenza prevalentemente scientifica in quanto, più frequentemente, il paziente che si definisce stitico descrive una più vaga sensazione di “malfunzionamento” intestinale caratterizzata da disturbi di diverso tipo, quali l’incompleta evacuazione o la presenza di feci troppo dure o in piccola quantità.

La stipsi acuta si distingue da quella cronica (che ha durata maggiore di 6 mesi) per la transitorietà del disturbo che può conseguire a diverse cause.

Quali sono i sintomi della stipsi?

I sintomi riferiti dai pazienti con stipsi sono generalmente: ridotta frequenza di evacuazioni (meno di tre alla settimana); presenza di feci dure (“caprine”); sforzo eccessivo e prolungato durante la defecazione senso di ostruzione o blocco anale; sensazione di evacuazione incompleta; ricorso a manovre manuali o ausili tipo clisteri e supposte
La stipsi può ridurre notevolmente la qualità di vita delle persone. Le feci dure ed i continui sforzi inoltre possono provocare, non solo un rialzo della pressione sanguigna (con possibili emorragie congiuntivali), ma anche irritazioni e prolasso delle emorroidi.

Quali sono le cause della stipsi cronica?

l’identificazione della possibile causa nella forma cronica è più articolata e solo un’attenta analisi  della storia del paziente può mettere sulla giusta strada. In alcuni casi, la stipsi cronica si associa a una motilità ridotta del colon oppure a una disfunzione dei muscoli del pavimento pelvico, coinvolti nell’evacuazione delle feci. Altre volte alla base di tutto ci sono errate abitudini alimentari, in particolare un ridotto consumo di fibre. Queste, soprattutto quelle insolubili, determinano le normali condizioni peristaltiche intestinali, favorendo così la progressione della massa fecale e la sua successiva espulsione.

Diagnosi della stipsi cronica

L’approccio con il paziente con stipsi si basa inizialmente su un’anamnesi accurata e l’esame clinico. Le procedure diagnostiche utilizzate sono volte ad identificare la causa organica o funzionale della stipsi e saranno scelte dal medico sulla base dei sintomi del paziente e sui dati rilevati clinicamente.

  • Colonscopia: consente di esaminare l’intero colon attraverso l’introduzione di uno strumento flessibile con incorporata una telecamera e con un sottile canale attraverso il quale passare la pinza bioptica per eseguire piccoli prelievi di mucosa (biopsie) o per asportare polipi.
  • Defecografia: esame radiologico che prevede l’opacizzazione delle ultime porzioni del colon (canale anale-retto e sigma) con il bario introdotto per via anale.
  • Studio dei tempi di transito intestinale: permette di fare diagnosi di “stipsi da rallentato transito intestinale”. Un numero variabile di piccoli marcatori radio-opachi vengono ingeriti e dopo alcuni giorni viene eseguito un esame radiologico dell’addome. Quando più dell’80% dei marcatori è stato espulso e non sono quindi visibili all’immagine radiologica, il transito è definito normale.
  • Manometria anorettale: valuta le pressioni del canale anale a riposo, durante la contrazione volontaria e durante la spinta. L’insufflazione di un palloncino all’interno del retto permette inoltre di verificare l’integrità del plesso nervoso nella parete del retto (attraverso il riflesso inibitorio rettoanale) e le soglie di percezione di evacuazione e di urgenza.

Manometria ano-rettale: in cosa consiste l’esame?

La manometria anorettale è un esame sicuro e indolore che può essere utile in caso di incontinenza fecale, stitichezza e prolasso rettale per riconoscerne in modo più preciso la causa e mettere in atto strategie terapeutiche personalizzate.

Si fa stendere il paziente sul suo fianco sinistro con le ginocchia appoggiate sull’addome. Successivamente si procede con l’introduzione nella cavità anale di un piccolo catetere completo di un palloncino, inizialmente sgonfio, posto sulla cima. Lo specialista gonfierà il palloncino per simulare il bolo fecale e chiederà al paziente di espellere il catetere; a questo punto verificherà la corretta contrazione dello sfintere e l’attività anorettale.

Durante la visita il medico verificherà: il profilo pressorio basale, il profilo pressorio dinamico e il riflesso retto-sfinterico inibitore. 

Si tratta di una procedura sicura, ambulatoriale, indolore, della durata di circa 15 minuti.


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