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Protesi dell’anca: una soluzione mini invasiva per risolvere un grande problema

L’artrosi è una patologia invalidante, causa di dolore e disabilità milioni di persone in tutto il mondo. Non ne soffrono solo gli anziani, ma complici fattori genetici, obesità, sedentarietà o eccessiva attività fisica, può comparire anche in età adulta, colpendo più comunemente anca e ginocchio. Come può una soluzione “mini” risolvere un problema “grande”? L’abbiamo chiesto al Dott. Marco Villa, ortopedico della Clinica Fabia Mater ed esperto nella chirurgia protesica di anca e ginocchio.

 “La caratteristica principale della chirurgia mini invasiva è il rispetto del corpo umano, spiega l’esperto. Per soluzione “mini” si intende una chirurgia protesica innovativa in cui è tutto ridotto. Dall’incisione, alla cicatrice, alla perdita ematica, fino ai tempi di intervento e di recupero, e anche alle complicanze post-operatorie (lussazioni, infezioni), tutto è “mini” nella chirurgia protesica dell’anca.

Quando è necessario intervenire con una protesi d’anca?

“Farsi impiantare una protesi anca non è una decisione facile da prendere. Necessita di un’informazione e preparazione completa da parte di un chirurgo esperto, uno specialista nel campo della tecnica di chirurgia protesica più avanzata di tipo mini invasivo. Tecnica di ultima generazione che non deve essere assolutamente confusa con la chirurgia protesica tradizionale.

È una decisione molto importante ed è giusto prenderla insieme al medico chirurgo ortopedico, uno specialista di cui fidarsi, in grado di seguire il paziente dall’inizio alla fine di un percorso (il Fast Track) più facile e meno traumatico di ciò che si immagina per risolvere la coxartrosi, cioè l’artrosi dell’anca.”

Protesi anca mini invasiva per la coxartrosi

L’usura e degenerazione della cartilagine che ricopre la testa del femore e la cavità acetabolare possono verificarsi a diversi livelli di gravità. Nei casi più avanzati e gravi, possono provocare rigidità, atrofia della coscia, deformità della gamba interessata e invalidità.

Uno specialista di chirurgia protesica mini invasiva valuta la possibilità di impiantare la protesi anca solo se necessario. Prima di ricorrere all’intervento per l’innesto di una protesi anca mini invasiva deve aver provato altre strade: terapia farmacologica e fisioterapica.

Deve trattarsi di un livello di coxartrosi (artrosi dell’anca) avanzato, che non risponde più a nessun tipo di terapia conservativa. Il dolore è molto forte e non si attenua con i farmaci. Il grado di rigidità rende impossibile svolgere le normali attività quotidiane, la degenerazione scatenata dall’artrosi avanza.

Prima di decidere per l’intervento insieme al chirurgo, è utile sapere tutto sulla tecnica mini invasiva, dalla preparazione alla riabilitazione. Per questo lo specialista informa il paziente nei minimi dettagli per prepararlo all’operazione (prima, durante e dopo).

La protesi anca mini invasiva rappresenta l’unica soluzione definitiva non soltanto alla coxartrosi ma anche ad altre patologie: artrite reumatoide, necrosi avascolare, osteoporosi, fratture del collo del femore e conflitto femoro-acetabolare.

Quali sono i vantaggi della tecnica chirurgica mini invasiva?

Il concetto di mini invasività è ampio e articolato. Significa applicare una tecnica chirurgica il più possibile osservante il rispetto dei tessuti sia muscolari, sia nervosi, sia ossei.

Sono descritte e praticate diverse tecniche chirurgiche mini invasive. Vediamo nel dettaglio quali sono i vantaggi della protesi anca mini invasiva:

  • tempi di intervento, degenza, riabilitazione e recupero più rapidi, anzi dimezzati
  • incisione ridotta cui consegue minor perdita ematica, nessun bisogno di trasfusioni di sangue, cicatrice meno evidente
  • trauma (dolore e gonfiore) ridotto
  • risparmio-rispetto di muscoli, cartilagine e parti ossee, mantenimento di una buona parte del collo femorale, di strutture periarticolari, di nervi e vasi
  • riduzione dell’attrito tra le componenti della testa femorale e l’acetabolo
  • riduzione delle complicanze e di eventi avversi come il rischio di lussazione.

Tutto, in sostanza, si riduce, tranne la durata della protesi. L’intervento di chirurgia mini invasiva è di sicuro successo nel 90-95% dei casi.

Protocollo Fast Track

Tutti i vantaggi della chirurgia protesica mini invasiva sono racchiusi ulteriormente nel cosiddetto protocollo Fast Track (“percorso rapido” tradotto dall’inglese).

Il protocollo ha inizio con una fase pre-operatoria di incontro tra il paziente e gli operatori: chirurgo-anestesista-fisioterapista, infermieri, al fine di illustrare nei dettagli tutte le fasi che riguardano l’evento.

Questo momento di incontro chiarisce al paziente le varie fasi della procedura, consentendogli di affrontare l’intervento con una riduzione della condizione di ansia pre-operatoria.

Il Fast Track consente di ridurre notevolmente i tempi di degenza nella struttura, che vengono praticamente dimezzati rispetto all’intervento per la protesi tradizionale.

La ripresa funzionale è precoce. A distanza di poche ore dall’intervento (o il giorno seguente), il paziente verrà fatto alzare dal letto per deambulare con le stampelle, assistito dal chirurgo e dal fisioterapista. Tutto questo per prevenire complicanze cardiocircolatorie e respiratorie.

Potrà usare le stampelle per 2-4 settimane ma, di solito, i pazienti le utilizzano soltanto una-due settimane. Il Fast Track consente un maggior controllo del dolore dopo l’intervento.

Riabilitazione e tempi di recupero

Riguardo al percorso fisioterapico, inizialmente il paziente eseguirà solo esercizi di potenziamento muscolare. In una seconda fase potrà passare ad attività più impegnative (passeggiate, nuoto, bicicletta stazionaria). Il fisioterapista indicherà al paziente quali movimenti potrà fare e quali dovrà evitare.

Grazie a un corretto percorso riabilitativo, potrà riprendere le normali attività quotidiane dopo 2-4 settimane dall’intervento, tornare al lavoro o guidare dopo 4-6 settimane e riprendere a fare attività sportiva dopo 3-4 mesi circa. Dovrà invece evitare di praticare attività sportive ad alto impatto (calcio, basket, ecc.).


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